venerdì 31 ottobre 2008

Il sito Archeologico di Biddaepedra


In Sardegna, nell’alta Marmilla, esiste e persevera da millenni un sito straordinario conosciuto ai nostri giorni col nome di BiddaePedra ovvero la Città di Pietra.
Una Altopiano basaltico modestamente accennato, ma dominante nell’estensione del territorio. Si eleva al di sopra del mare tra i 180/235 metri. Il tratto dunque prevalentemente pianeggiante si estende per più di 800metri, presentendo vasti terrazzamenti di roccia Basaltica. Tutto il versante a Ovest a meno di 200 metri e costeggiato da un corso d’acqua.
Lo stesso fiume ormai prosciugato, conserva a memoria delle epoche passate, una sponda a parete rocciosa erosa, da quello che doveva essere anticamente un fiume copioso e ricco. Tanto quanto, lungo la costa esistono muri a secco in certi tratti alti anche quattro metri, quasi ad arginare e demarcare il torrente che per gli antichi Sardi era la vita stessa. Lo stesso fiume formando diverse anse intorno all’altopiano basaltico abbraccia l’intero sito per più della meta della sua circonferenza. Le anse si presenterebbero come una sorta di piccolo porticciolo tranquillo per facilitare l’ immettersi direttamente al fiume e luogo dove si svolgevano le diverse mansioni e il lavoro quotidiano.
Sulle tracce dei nostri avi non è limitato e troppo fantasioso affermare che essi furono, Abili navigatori di acqua dolce ma soprattutto dei nostri mari, Possenti guerrieri, ingegnosi costruttori ed esperti metallurgici, di conseguenza un popolo progredito e di forte religiosità. Non è un trionfalismo enfatizzare tutte queste virtù dei nostri avi, ma una giusta restituzione e ricavato posto a quella civiltà che in queste terra e nel Mediterraneo in un periodo cronologico ben definito, incise inesorabilmente la loro fama. Creando in Sardegna uno dei centri più evoluti e Urbanizzato del Mediterraneo.
I Sardi antichi così come altre civiltà, predisponevano il comune senso di concepire l’esistenza almeno in tre o quattro Stadi determinanti.

La realtà della vita terrena ; dove gli uomini e le donne conducevano la loro vita quotidiana liberi di spaziare nella stessa terra assoggettando gli elementi della medesima natura per ricavarne il giusto posto in cui vivere. Le rocce, la terra, gli alberi, i corsi d’acqua, gli animali, tutti fattori fondamentali per l’esistenza stessa. In questo livello intermedio Innalzavano dalla Piano della terra, sostenuti dagli elementi , Rocce lavorate,conosciute come Perdas fittas, o Perdas longas o anche Perdas Ammarmudaras ; visualizzati nel quadro cronologico di questa civiltà, da primi antichissimi Protoantropomorfi agli Antropomorfi sino ad arrivare alle Statue Menhir conosciute anche come Menhir a Stele.
Le ultime, nella parte frontale personificavano rilievi schematici anatomici nell’apicale volto a T in un unico blocco Naso/sopraciglia senza occhi e bocca, e dalla virilizzante arma a doppio pugnale orizzontale in vita con due lame triangolari, e infine dall’emblematico pittogramma pettorale del cosiddetto Capovolto a tridente o a candelabro, nel rovesciato mondo dell’aldilà presente anche nelle pareti interne delle Domus de Janas.
Edificavano i magistrali Templi, i misteriosi Nuraghes per via della sua non ufficialmente riconosciuta identità circa la loro funzionalità. ( Abitativa, Di Difesa, Templi di Culto e di Religiosità, Templi Astronomici, Nuraghi Comunicatori….non sia mai detto che Esso fù comunque un poco di tutto). La loro e stata un’ evoluzione architettonica che eccelleva progressivamente nei secoli ( Ma subì in un secondo periodo anche un degenerazione architettonica non costruivano più ma si limitavano a dei rifacimenti ) conosciuti ai nostri giorni come i Nuraghi a Corridoio o Protonuraghe,a quei Nuraghe a Tholos o a Ogiva fino ad arrivare a quelle Torri nuragiche collegate da bastioni, detti anche Complessi.
Intagliavano direttamente sulla roccia carsica Segni , Coppelle, Figure di vario genere, per diversi impieghi . Di questo ne parleremo ampiamente sulla frazione dell’itinerario di Biddae Pedra a lui dedicato.

Lo Stadio interrato ; era quello destinato agli esseri viventi che lasciavano la vita. I morti seppelliti in questo livello inferiore tornano dentro la terra custoditi dal suolo o dalla roccia stessa. L’arte funeraria dei sardi antichi si arricchisce di una altra dimensione, colma di segni e simbolismi presenti nelle Tombe dei Giganti e nelle Domus de Janas. Le due Divinità (Simboli di Vita ) Dio Padre ( il Dio Toro ) e la Dea Madre adorati dai Sardi fin da tempi remoti, si ripetono scolpiti o dipinti sulla roccia nelle pareti delle Domus de Janas. La stessa strutturazione dell’esedra delle tombe dei giganti raffigura il Toro che giace a terra nel segno del decesso a Forma Taurina. Molto probabilmente la classica Stele Centinata, identificava i Tre stadi. Quello sotterraneo ( con l’ incavo per l’accesso dentro la terra) .La vita Terrena (rappresentata dalla Fascia che interpone i due “specchi”). E quello della Volta Celeste quello che è superiore all’uomo ( rappresentato dallo specchio superiore con la parte finale arcuata. )

Lo stadio ultraterreno ovvero lo spazio celeste ; la dove dimorano i Dei, le forze della natura e quelle soprannaturali. I Sardi Antichi avevano sicuramente una vigile e attenta valutazione sull’osservazione della volta celeste. Il giorno, la notte, il susseguirsi delle stagioni, e il decorrere del tempo negli anni. L’Arco temporale determinato doveva essere Calcolato e misurato attraverso i mezzi di allora affinché lo stesso “Tempo” fosse in loro potere.
Il Sole, la Luna, le Stelle e le loro Costellazioni anch’Esse divinizzate, in qualche modo dovevano essere rappresentate e visionate sulla terra e questo congiungimento ideale con la volta celeste si manifestava attraverso la Roccia.

Il quarto Stadio condiscendeva nel manifestare e “Spettacolarizzare” la Religione e i culti che si praticavano intorno ad esso annessi agli Eventi Astronomici, quello che era superiore all’uomo . Tutto questo aveva un unico scopo, quello di Conservare, Accorpare e rendere molto influente l’integrità della Spiritualità . Nonostante la religiosità per diverse essenze è comune ad altre civiltà del Mediterraneo quella Sarda autoctona e originale si distingue comunque per la sua”Sardità . Il Sole . la Luna , le Stelle e le sue Costellazioni erano venerate e “Spettacolarizzate” attraverso le innumerevoli edificazioni dei Nuraghe che assoldavano anche questo intento. Ma molto prima dei Nuraghe tale compito lo assumeva l’originale e semplici intaglio, direttamente nella roccia realizzando Scanalature, Segni di diversa forma e Coppelle.

Itinerario di Biddaepedra.

Il Nuraghe
Il nuraghe si presenta semisepolto aggredito dalla vegetazione. Il lato a Sud-SudOvest è dominato da un crollo che mette alla luce due camere a Tholos o a Ogiva. Fra le due torri si presenta una nicchia mal ridotta, ma possibilmente si tratta solo di un crollo del fascio murario interno.
Sulla difficile lettura del complesso Nuragico si accenna molto probabilmente anche una sorta di scala elicoidale che arriva ai piani superiori. Di fatto la parte visibile di questa struttura è il piano superiore delle torri. Il nuraghe e costruito interamente con conci semilavorati o parzialmente sbozzati di Basalto e Trachite. I fasci Murari esibiscono l’impiego di molte zeppe nella stabilità di sovrapposizione dei massi . La struttura sembrerebbe comunque realizzata in un unico progetto. E’ possibile che la stessa scala partisse da un piccolo cortile interno.
In ogni caso le volte delle camere interne delle due torri offrono un lodato atto di costruzione per la loro suggestionale conformazione. La torre Minore ha una singolare messa in opera, la base all’ingresso dell’architrave si presenta retto per poi dar forma alla camera semicircolare. In altezza poi si riconnette all’esemplare atto costruttivo della falsa volta,molto probabilmente questo gesto di struttura era vincolato alla stessa scala di collegamento sopraccitata.
Naturalmente solo un scavo archeologico ben organizzato potrebbe restituire la sua vera uniformità .
Il Nuraghe di Biddaepedra è distinto da una peculiarità che ha pochi confronti sull’intera Isola . In un fascio murario è stato inglobato un statua Menhir o Menhir a Stele, da cui si nota la virilizzante arma a doppio pugnale orizzontale con due lame triangolari. Poco distante si trova anche un altro frammento di masso di un altro Menhir a Stele, contrassegnato da una parte del pittogramma pettorale cosiddetto Capovolto a tridente o Candelabro. Molto probabilmente anche questo frantume era incluso nella parte muraria del nuraghe soggetto al crollo. Ma la cosa stupefacente è che esiste un altro Menhir a stele Intatto inglobato nel parametro interno della camera della torre principale. Il Menhir e posizionato nel filare sopra l’architrave a Sinistra. La parte con le incisioni e rivolta verso l’alto dunque essa e occultata dagli stessi massi in sovrapposizione , ma con una buana pila e attenta osservazione si possono notare le incisione e la lavorazione apportate dagli antichi scalpellini Sardi. Sono presenti anche altri frammenti di menhir con i classici simboli, parzialmente sepolti nell’area di Biddaepedra
Questa caratteristica valorizza il prodursi di molte ipotesi e argomentazioni a riguardo della civiltà Nuragica. La realtà oggettiva indiscutibile e certa a credito di tale prova e dalla memoria dell’uomo è che queste vallate sacre comparivano numerosi Menhir purtroppo oggi trafugati.

Ingresso al Tempio
Lasciato il nuraghe si procede verso Nord-Ovest procedendo in leggera salita, nel bordo della sponda del fiume. In questa breve passeggiata attraverso i campi, si possono trovare schegge di Ossidiana e disseminate qua e là si possono rinvenire delle tombe Romane profanate. Difatti sparse nel terreno nei pressi dei Nuraghi, si trovano molti cocci di Embrici funerari,questa ultima considerazione valorizzerebbe ancor più l’ipotesi che gli stessi romani rispettassero le zone sacre degli antichi Sardi tanto da esercitare le loro sepolture.
A un certo punto in questo Altopiano si crea uno sbarramento longitudinale scorgendo a vista un terrazzamento di roccia viva basaltica come se ricoprisse a mantello il terreno stesso. In questa fascia orizzontale, tra lo stacco del terreno e quello della roccia viva, si possono osservare sulla destra una figura circolare intagliata direttamente sulla roccia ipotizzandola come un sorta di piedistallo per l’alloggio di un possibile Menhir. Mentre sulla destra si può visionare un intaglio che assomiglierebbe proprio ad una specie di “Tribunetta “
Dirigendosi verso il tempio camminando su questo manto roccioso si cominciano a intravedere Scanalature, Coppelle, e in particolare una vaschetta quadrangolare con le misure di : mt 1.50 per 80 cm alta 16 cm e altre figure sapientemente lavorate di scalpello dagli antichi “Picaperderis” Sardi.

Il Tempio
Nella posizione più elevata dell’altopiano basaltico si erge una struttura circolare registrando un diametro tra le pareti esterne intorno ai dieci metri Il complesso si presenta sepolto dalla terra dove da padrone, cespugli e alberi della macchia mediterranea nascondo la sua identità. Sulle carte tale sito e registrato come ad un nuraghe Monotorre. Noi, per una semplice comodità l’abbiamo battezzato come il Tempio. Ma non escludiamo l’ipotesi trascinante che questa costruzione sia più paragonabile ad una meglio conosciuta “Capanna delle Riunioni” luogo emblematico dove gli antichi Sardi si radunavano per esercitare i loro culti e gestire il governo del popolo.
A Est e a Ovest del Tempio resistono dei Fasci murari esterni che si dispongono sui tre quattro filari con massi di basalto e trachite di media pezzatura parzialmente lavorati.
Una caratteristica di questa sito è che nel lato a Ovest inglobato nel Fascio murario si scorge un unico masso di Granito messo in buona evidenza tra il basalto e la trachite. La cosa non solleverebbe nessuna commento, se non fosse per il fatto, che in questa zona non esiste il granito e per trovare lo stesso, bisogna allontanarsi dalla zona per almeno un ventina di chilometri. Questa ultima conclusione ci riconduce a formulare l’ipotesi dell’importanza che abbia avuto il fiume che costeggia l’intero sito di Biddaepedra. A giudicare la sua estensione ma soprattutto per la sua costituzione sembrerebbe possibile che esso un tempo sia stato navigabile, rivelandosi come un vero mezzo di collegamento per il commercio ma soprattutto per il trasporto di ossidiana legname e possibilmente anche pietre.
Vicino al “Tempio”esiste un Menhir in Basalto molto particolare si prospetta in tutte la sua parte con molti trafori anche comunicanti. Che sia stata la mano dell’uomo a produrli,non sembrerebbe avere dubbi ; circa la sua funzionalità invece e molto difficile dare una interpretazione.

La volta celeste intagliata nella roccia.

Apriamo questo capitolo coadiuvati da una sana e immensa fantasia per accreditare a questa enigmatica frazione del sito di BiddaePedra una fra le tante possibili letture.
Il buonsenso e la razionalità ci induce quindi, a valutare ed accettare senza remore tutte le possibili ipotesi,anche perché questo settore trasmette sicuramente un alone di mistero. Ma soprattutto, nel primo impatto non legittimano e non concedono una valutazione certa, circa la sua vera funzionalità nel comune senso della vita quotidiana.
Noi abbiamo scelto quello Fantastico. La riproduzione sulla roccia del cielo stellato degli antichi “picaperderis” Sardi. Il motivo è quello più semplice, vale a dire che se i nostri avi fin dai tempi remoti, adoravano il Sole e la Luna per quale motivo non dovevano essere affascinati dall’imperioso e suggestivo cielo stellato ?! La volta celeste che era superiore all’uomo, anche nella notte potesse offrire attraverso le sue costellazioni, il senso di orientamento e la stessa lettura del trascorrere del Tempo.
Superato il Tempio oltre cinquanta metri, risalendo sempre a Nord Ovest si sopraggiunge ad un altro terrazzamento di roccia Basaltica,che per la sua natura si dispone in leggera inclinazione da Est verso Ovest,occupando un area di oltre cento metri quadri.
A un lato appare di nuovo una sorta di “piedistallo” paragonabile alla stessa dell’ingresso al tempio solo che questa ultima si presenta in forma quadrata.
Ed è proprio in questa porzione, che si arricchisce di innumerevoli incisioni direttamente sulla roccia con una varietà di Coppelle a forma rotonda che variano di diametro dai 5 cm centimetri fino ai 35/40 raggiungendo profondità anche di 40 cm. Si evidenziano le Scanalature ( di cui si apprezzano ancora i colpi di scalpello ) dall’aspetto curvilineo formando figure con un estensione di oltre 15 metri. Tra coppelle e scanalature a completare l’intero quadro,si distribuiscono incavature di diversa forma come una sorta di bacili, di cui una a forma triangolare ben evidenziata, dove all’apice del congiungimento dei lati si apre una Scanalatura. Anche altri bacili intagliati sulla roccia presentano la stessa situazione alcune alla base altre all’orlo.
A causa dell’estensione e conformazione del sito, è stato necessario per avere una più ragionevole veduta d’insieme di tutte queste forme e disegni, effettuare i rilevamenti annesso anche all’orientamento geografico. In questo caso sono state prese in considerazione tutte le incisioni ben marcate e distinguibili. Il risultato finale del grafico restituisce la percezione di un lavoro evidente, con uno scopo ben preciso.
Al momento si può solo immaginare accompagnati ancora una volta da una immensa fantasia a distinguere per analogia, dal disegno del grafico, alcune costellazioni.
Quelle delle Scanalature a formare quella del Dragone. Sottostante ad esso unendo idealmente le coppelle si svilupperebbero la costellazione dell’Orsa Minore e quella dell’Orsa Maggiore Mentre l’incavatura a forma di triangolo ricorderebbe la costellazione Cepheus .
Questa spazio intriso di Segni e Figure apparentemente statiche, immobili, vengono movimentate, quando entra in scena l’elemento acqua, il mezzo conduttore e di comunicazione. Come il caso di una coppella superiore che se riempita fino all’orlo comincia a travasare alternativamente altre coppelle in un percorso predefinito. E le stesse scanalature nella loro estensione in certi punti comunicano fra di loro con scanalature meno accentuate, questo e altri scenari completa una sorta di spettacolo.
E molto affascinante osservare questo situazione all’albeggiare e al tramonto quando la pioggia satura tutte i disegni restituendo un riflesso particolare del cielo.

Il Frantoio dell’età Calcolitico………..La Scoperta.

Nella parte occidentale del sito in prossimità della seconda ansa del fiume siamo di fronte ad uno dei più antichi Frantoi del Mediterraneo. Si presume fosse un insediamento del Bronzo Antico e Medio,nato verso la fine del periodo Calcolitico. Un rarissimo punto focale organizzato per la produzione dell’olio d’oliva. Ma non si esclude che in questo sito si esercitasse anche la lavorazione e la produzione del vino,Tinture per tessili,trattamento delle pelli, Rame e ceramiche.
Conosciamo attraverso la letteratura antica, che nell’antichità con l’olio d’oliva si creavano medicinali e profumi,era un sorta di combustibile per alimentare le lampade, impiegato come ungente sacro nella adorazione degli Dei. Il suo utilizzo si espandeva poi sul tessile soprattutto per l’intero processo di lavorazione della lana. Anche Omero testimoniava l’uso dell’olio d’oliva nella fase di Filatura nella Reggia di Alcinoo. Difatti l’olio d’oliva aveva il potere di celare l’odore caprino della lana stessa.
E forse era anche conosciuto (raccogliendo la Sansa per rifornire di combustibile le piccole fornaci ) il suo potere calorico che poteva mantenere il punto di Fusione nella lavorazione dei Metalli e nella cottura della Ceramica.
Questo dimostrerebbe che gli antichi Sardi avevano sorprendenti conoscenze tecnologiche.
La scoperta di diversi Frantoi del periodo Calcolitico intagliato direttamente nella roccia Basaltica dell’Altopiano di Biddaepedra, esalta eccezionalmente, l’ impianto di produzione descritto e citato anche dal Plinio il Vecchio ritenendolo il più antico.
Il primo frantoio è costituito da una prima vasca praticamente rettangolare con gli angoli sapientemente arrotondati profonda intorno ai 25 cm lunga due metri e larga uno. Qui si dava cura all’opera di schiacciamento delle olive attraverso pestaggio con zoccoli o rulli di pietra. Il liquido ottenuto, scendeva attraverso il fondo della vasca in modo naturale a causa della sua inclinazione. Dirigendosi verso il centro della barriera corredata di un foro 9/13 cm per confluire nella attinente seconda vasca anch’essa quadrangolare con le pareti arrotondate profonda da i 35/40 cm lunga 95 larga 85 cm. Questa vasca di contenimento era munita al centro di un più profondo incavo all’incirca sferoidale come sacca di deposito dei detriti.
Poco distante esiste un secondo frantoio più o meno uguale a questo descritto. Si diversifica per misure più ridotte e per la seconda vasca di contenimento che si presenta sferoidale con le misure di 70/50 cm profonda 20 mentre la prima vasca quella di schiacciamento registra le misure di 1.50/90 cm profonda 14. Oltre a queste esistono sparse nel territorio altre vasche di diversa forma per diversi utilizzi.
Questo zona è stata anche utilizzata come cava per l’estrazione della roccia. Difatti lungo il perimetro del terrazzamento basaltico che si congiunge alla terra morbida, sono scarnite mostrando forme di ogni genere. Di cui una in particolare con l’incompiuta estrazione di un masso quadrangolare. Ma molto altro ancora si potrebbe scoprire con degli accurati scavi archeologici.
Resta di fatto che questo sito,valorizzerebbe ancor più l’ipotesi che sia stato perennemente frequentato fin dai tempi remoti.
Di quella antica Civiltà Sarda che attraverso gli Intagli direttamente sulla roccia e il costruire con lo stesso elemento, fissarono indelebilmente in questa Isola, in modo capillare la loro integrità di popolo Fiero ed Evoluto.




Granitu Sardu